Normal Topic Questione di frequenze o di volume? (Read 6062 times)
neroantico
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Questione di frequenze o di volume?
30.05.2014 at 13:00:28
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Ebbene confesso, alle volte ho dei raptus, fin'ora il portafoglio l'ha scampata.
Il punto è questo:
Quando è il momento di investire su un nuovo strumento?
Un arco diverso cambia forse il suono dello strumento o agevola solamente la tecnica e l'emissione?
Uno strumento solista va bene anche per orchestra ma non viceversa?
Suonare piano ma con un suono profondo è questione di tecnica o strumento?

Vale l'assunto che un suono magari sgraziato sul posto venga percepito a distanza come "giusto"? (a volte coi suoni amplificati nel jazz è proprio così: bisogna scolpire il suono per oltrepassare la coltre dell'organico.)
Vabbè oggi sono così...ma attendo il Vostro parere!!

Giovanni
  
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DarioMgurrado
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Re: Questione di frequenze o di volume?
Reply #1 - 30.05.2014 at 19:38:41
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Non sono assolutamente preparato alle domande, ma vorrei dare un suggerimento: quando prendete un nuovo strumento provatelo con le vostre corde, a me è capitato di provarne parecchi dal Maestro Versari, ed uno con le sue corde dava un suono del tutto diverso, inteso negativamente. Questo ovviamente nella mia inesperienza, però mi sembra anche una cosa parecchio logica.

Saluti, Dario
  
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vitoliuzzi
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Re: Questione di frequenze o di volume?
Reply #2 - 02.06.2014 at 03:40:00
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Caro Giovanni,
posso provarci in breve io!!?? Allora da dove cominciamo.

1) Se si suona il classico bisogna investire in uno strumento "nuovo" (antico o di liuteria moderna) almeno per il quarto anno del vecchio ordinamento e portarselo ben settato fino al diploma. Per l' arco si può attendere a mio giudizio anche fra la fine del VI corso e l' inizio del settimo (ma se lo si acquista prima è comunque un investimento fruttifero a livello di risultati tecnici e musicali che si possono ottenere dal proprio strumento, ma soprattutto risultati inerenti la qualità e potenza del suono. Nel Jazz, di cui non sono pratico, visto che alla fine il suono viene AMPLIFICATO e quindi ELETTRIFICATO, un discreto strumento di fabbrica antica non eccessivamente costoso, ma ben settato e con una tastiera in ebano di prima scelta per velocizzare lo scivolamento delle dita, va benissimo. Andare oltre secondo me è solo una questione di "sperpero inutile di danaro"!!!

2)Arco diverso. Allora un buon arco in un pernambuco bello poroso e costoso, purtroppo dai 4.000 ai 6.000 euro, solitamente cambia in modo drastico la qualità del suono ma influenza di poco la potenza in termini di "watt"!!! Se non è sfibrato, questo tipo di arco permette la produzione di suoni con tutte le armoniche che questi può dare (e quindi si sfrutta al massimo il proprio strumento), oltre ad addolcire di parecchio la sonorità complessiva e a far viaggiare in maniera più aperta i suoni che si producono e più in lontananza. Buona norma: mai provare un archetto nuovo da soli, ma farsi aiutare da un collega per vedere in lontananza come questo viene percepito dal proprio orecchio. Solitamente i colpi d' arco più articolati migliorano sensibilmente, l' attacco e più robusto, gli staccati e picchettati più netti, e nei cantabili la tenuta del suono è notevolmente maggiore e questi vengono facilitati se abbinati ad un buon vibrato. SI! L' arco molte volte fa la differenza primaria più dello strumento !!!

3) Cavolate!! Non esistono assolutamente strumenti solistici od orchestrali. L' unica differenza che ci può essere è nel settaggio. Il mio caro amico Catalin Rotaru ha un settaggio assurdo (3 soli mm. per la prima a fine tastiera) ed il suo strumento in un' Opera con molti pizzicati è proprio inidoneo. Se uno strumento è buono, abbinandogli un bel ponticello regolabile, ha la possibilità di essere sfruttato sia in orchestra che da solista ( a questo proposito consiglio di montare oltre al regolabile anche le Thomastik Spirocore SOLO, in modo tale da mandarle giù di un tono quando si suona in orchestra o si fa jazz; solitamente la maggiorparte dei contrabbassi risponde bene a questa variazione!)

4) Il piano contrabbassistico deve essere suonato sempre e possibilmente con tutti i crini anche in punta ed è quindi una questione di tecnica, altrimenti si perdono parecchie armoniche che lo abbelliscono.

5)  Nel classico effettivamente si sono suonatori che hanno un suono pessimo sul posto ma che viaggia molto bene in sala (Oistrach, violinista celeberrimo, era uno del genere). Ma il mio suggerimento e di trovare già dal primo anno un bel suono ricco e potente già dal primo anno di studio ... in lontananza sarà ancora meglio!!
Nel Jazz non bisogna proprio scolpire il suono: occorre trovare un suono dolce e vibratile che amplificato fa la differenza rispetto agli altri bassisti.

Scusa la prolissità, Giovanni, ma tu lo sai che quando inizio è difficile fermarmi.

Spero di esserti stato buon consigliere !!!

A presto

VitC
  

vito liuzzi
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neroantico
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Re: Questione di frequenze o di volume?
Reply #3 - 03.06.2014 at 08:44:24
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Grazie Vito,

una precisazione, con scolpire il suono intendo questo:

Partire da un suono acustico al meglio delle proprie capacità; se già si parte scarsi amplificando può solo peggiorare. Ma la mia osservazione è questa: dal salotto magari riesco ad avere un suono bellissimo pari all'acustico. Sul palco vengo assorbito o meglio mascherato complice l'ambiente e la band.  Se poi aggiungi il classico gestore di locale o tecnico suoni di evento che pensa di amplificare i metallica, si può suonare solo male. Per questo uso spesso una DY con equalizzazione pre o post.
  
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vitoliuzzi
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Re: Questione di frequenze o di volume?
Reply #4 - 03.06.2014 at 13:45:00
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Grazie Giovanni,

adesso comprendo meglio il tuo modo di "scolpire" il suono Wink
Una curiosità: c'è il contrabbassista jazz barese come me che un tempo mi diceva che un bravo jazzista dovrebbe essere in grado di suonare in modo tale da "spezzare" una corda. Io credo che nel tempo abbia cambiato questo tipo di posizione un po' troppo "ruvida" a mio semplice parere, anche perché nel pizzicare la corda con la mano destra si arriva ad un certo punto in cui il suono viene schiacciato e non viaggia più bene nell' aria. "In rebus est modus": credo che questo brocardo latino spieghi al meglio la mia posizione concettuale nel merito, comprendendo anche la conduzione dell' arco.

A presto

VitC
  

vito liuzzi
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